ANEMIA DI DIAMOND-BLACKFAN (DBA)

Introduzione

L'anemia di Diamond-Blackfan (DBA, MIM 105650) è una rara ed eterogenea aplasia congenita pura della serie eritroide, che presenta un'incidenza in Europa pari a 5-7 casi per milione di nati vivi.
La maggioranza dei casi è sporadica, ma il 20% circa dei pazienti presenta una storia familiare positiva relativa alla patologia, con trasmissione generalmente autosomica dominante. La penetranza è incompleta e l'espressività variabile, come dimostrato dall'estrema variabilità fenotipica (Campagnoli et al., 2004). Sebbene la maggioranza dei pazienti sia di razza caucasica, tutte le etnie ne sono parimenti colpite. Il rapporto dei malati tra i due sessi di circa 1:1 permette di escludere un'ereditarietà di tipo diaginico (Ramenghi et al., 1999).
La principale caratteristica della DBA è l'anemia, normocromica e macrocitica, evidente già alla nascita nel 25% dei casi e comunque diagnosticata entro il primo anno di vita nella quasi totalità dei pazienti; le altre linee ematopoietiche sono invece normali. Il midollo osseo si presenta normocellulare, ma con un difetto selettivo a livello dei precursori eritroidi, causato presumibilmente dall'incapacità dei loro progenitori di differenziare. A causa del difetto a livello dell'eritropoiesi i pazienti DBA mostrano aumentati livelli sierici di acido folico, vitamina B12, eritropoietina (EPO) e adenosina deaminasi eritrocitaria (eADA) (Dianzani et al., 1996).
In circa un terzo dei soggetti affetti dalla patologia sono inoltre riscontrabili malformazioni congenite, in particolare dismorfismi cranio-facciali, anomalie all'arto superiore, a carico del cuore e dell'apparato uro-genitale (Lipton et al., 2001).
Il 75% dei pazienti risulta responsivo alla terapia steroidea, che costituisce quindi il trattamento di prima scelta per la cura della DBA. La risposta alla terapia è però molto variabile, sia da soggetto a soggetto, sia nello stesso paziente in tempi diversi: sono stati infatti registrati casi di remissione completa, così come sviluppo di steroido-resistenza. Nei casi in cui il trattamento con steroidi non è applicabile l'alternativa è rappresentata dalla terapia trasfusionale cronica associata a ferro-chelazione, sebbene per i pazienti che debbano seguire tale via terapeutica l'aspettativa di vita sia drasticamente ridotta. Successi sono stati ottenuti anche con il trapianto di midollo osseo (BMT) o di cellule staminali (SCT), a cui comunque è associato un tasso di mortalità in conseguenza all'intervento (Freedman, 2000).
La svolta nello studio della DBA risale al 1997, quando venne identificata in una paziente una traslocazione reciproca bilanciata t(X;19)(p21;q13). Ciò ha radicalmente cambiato l'approccio all'eziopatogenesi della DBA, volgendo l'attenzione su geni scelti in base alla loro localizzazione cromosomica piuttosto che in base alla funzione fisiologica e permettendo di ipotizzare il coinvolgimento di un locus sul braccio lungo del cromosoma 19 (Gustavsson et al., 1997).
Nel 1999, grazie al clonaggio del breakpoint della traslocazione, è stato identificato il primo gene DBA, RPS19 (MIM 603474). Il gene codifica per una proteina di 16 kDa, componente strutturale della subunità minore del ribosoma. Successive analisi hanno riscontrato che circa un quarto dei pazienti presenta mutazioni in RPS19, sempre su un singolo allele (Draptchinskaia et al., 1999).
Successive analisi di linkage hanno identificato un secondo locus DBA (8p23.3-p22, in cui è ancora in corso l'analisi dei geni candidati) e hanno inoltre dimostrato che alcuni pazienti sono inconsistenti con il linkage ai due loci noti, permettendo così di postulare la presenza di un ulteriore locus DBA (Gazda et al., 2001). Recentemente sono state inoltre identificate mutazioni in RPS24, un'altra proteina della subunità piccola del ribosoma, responsabili dell'insorgenza della malattia nel 2% dei pazienti.
Le mutazioni in RPS19 riscontrate nei pazienti si presentano molto eterogenee per tipo (missense, nonsense, inserzioni, delezioni e mutazioni ai siti di splicing) e localizzazione. Undici di queste sono state identificate in più di un paziente e un hot-spot di mutazioni missense è stato identificato tra i codoni 52 e 62; questa è una regione evolutivamente molto conservata e si ritiene quindi che possa avere un ruolo fondamentale nella funzione della proteina (Campagnoli et al., 2004).
Sebbene l'identificazione del primo gene coinvolto nella patologia abbia rappresentato una significativa svolta nello studio dei meccanismi molecolari alla base della DBA, il ruolo patogenetico di RPS19 non è tuttora noto.
Il meccanismo alla base dell'insorgenza dell'anemia di Diamond-Blackfan, almeno nei pazienti portatori di mutazioni in RPS19, è l'aploinsufficienza; è stato dimostrato che tale condizione possa manifestarsi mediante NMD (Nonsense Mediated mRNA Decay), un meccanismo di degradazione di quegli mRNA che portano codoni di stop in sede anomala (Chatr-aryamontri et al., 2004); è stato inoltre postulato che tale condizione possa essere aggravata, almeno per alcuni mutanti, da un meccanismo di dominante negativo, quindi che la proteina mutata interferisca con la funzione della proteina prodotta dall'allele selvatico (Hamaguchi et al., 2002).

Ipotesi patogenetiche

La DBA è la prima patologia umana nota causata da mutazioni in una proteina ribosomale e per chiarire il collegamento tra RPS19 e la DBA sono state avanzate due ipotesi patogenetiche indipendenti, non mutuamente esclusive.
La prima non attribuisce nessuna specifica proprietà a RPS19, ma sostiene che il nesso tra la proteina ribosomale e l'anemia di Diamond-Blackfan sia da ricercare nell'ambito del complesso processo di assemblaggio dei ribosomi. Infatti, nei mammiferi, le proteine ribosomali sono espresse in quantità differenti l'una rispetto all'altra in maniera tessuto-specifica e l'aploinsufficienza per una particolare proteina ribosomale fa in modo che questa risulti limitante per la corretta sintesi del ribosoma in un tessuto piuttosto che in un altro. Inoltre, si ritiene che polimorfismi in fattori che controllano l'espressione del gene di una particolare proteina ribosomale possano alterare la sua espressione in modo da poter modulare su base individuale la gravità del difetto genetico. Secondo questa ipotesi, il sito principale in cui l'aploinsufficienza di RPS19 diventa limitante per l'assemblaggio del ribosoma è localizzato nel midollo osseo, in particolar modo a livello dei progenitori eritroidi; questo porterebbe quindi alle caratteristiche cliniche proprie della DBA. In questo contesto è possibile inserire l'eterogeneità del fenotipo clinico osservato, che in alcuni pazienti è osservabile anche in altri tessuti e non solamente in quello emopoietico; ciò potrebbe presumibilmente riflettere i polimorfismi nei fattori che regolano l'espressione di RPS19, che renderebbero questa proteina ribosomale limitante per la sintesi del ribosoma in specifici tessuti. Ipotizzando inoltre che tali polimorfismi siano in grado di aumentare l'espressione di RPS19 sarebbe possibile spiegare come alcuni individui portatori di mutazioni che inattivano RPS19 possano comunque avere profili ematologici normali (Ellis e Massey, 2006).
Per contro, la seconda ipotesi asserisce che mutazioni in RPS19 portino scompensi in funzioni extra-ribosomali della proteina. A sostegno di tale tesi è possibile portare evidenze del fatto che RPS19 possieda anche funzioni indipendenti dal suo ruolo all'interno del ribosoma: infatti, RPS19 libero è in grado di interagire con FGF-2, sebbene il ruolo biologico dell'interazione non sia noto (Soulet et al., 2001) e dimeri di RPS19 hanno una funzione chemiotattica nei confronti dei monociti (Shibuya et al., 2001). E' stato inoltre dimostrato che anche altre proteine ribosomali possiedono ruoli extra-ribosomali: ad esempio, RPL13a e RPL26 s ono coinvolte nella regolazione traduzionale di specifici trascritti, rispettivamente la ceruloplasmina e p53 (Mazumder et al., 2003; Takagi et al., 2005); alla luce di ciò è quindi ipotizzabile un ruolo analogo per RPS19.
E' inoltre da sottolineare che recentemente è stato dimostrato, sia nel lievito sia in cellule dei pazienti, un coinvolgimento di RPS19 nel processamento degli rRNA (Léger-Silvestre et al., 2005, Flygare et al., 2007).

Il nostro progetto

Nel nostro laboratorio è stato deciso di approfondire la teoria secondo la quale la DBA possa essere causata da un difetto in funzioni extra-ribosomali specifiche di RPS19, ad oggi sconosciute. Si è quindi cercato di chiarire il ruolo della proteina identificando i suoi interattori; in questo modo sarebbe infatti possibile identificare i pathway in cui RPS19 è coinvolta e collegare quindi le mutazioni rinvenute nei pazienti con lo sviluppo della patologia.
La ricerca degli interattori di RPS19 è stata effettuata in primo luogo mediante l'utilizzo di una tecnica genetica, il doppio ibrido nel lievito. Lo screening ha portato all'identificazione di una serina/treonina chinasi, PIM-1, espressa ad alti livelli nei tessuti emopoietici e la cui espressione è regolata da fattori di trascrizione eritroidi; allo stato dell'arte, PIM-1 è l'unico anello di congiunzione tra RPS19 e l'emopoiesi. Esperimenti successivi hanno dimostrato che l'interazione è mantenuta in cellule di mammifero, sia mediante saggi in vitro che mediante immunoprecipitazione. Inoltre, è stato dimostrato che PIM-1 localizza sui polisomi. Esperimenti svolti su alcuni mutanti missense della proteina ribosomale conservano la capacità di interagire con la serina/treonina chinasi, ma con diversa affinità di legame; le conseguenze di tali variazioni sono ancora motivo di studio (Chiocchetti et al., 2005).
Parallelamente è proseguita la ricerca di interattori sia proteici che a RNA di RPS19, utilizzando tecniche ad alta resa. E' stato preparato un costrutto codificante per la proteina di fusione GST-RPS19, che è stata fatta esprimere in un sistema batterico e purificata mediante cromatografia di affinità con una resina GST-binding. Tale resina coniugata alla proteina ricombinante è stata in seguito utilizzata in un pulldown volto a purificare gli interattori di RPS19 da un estratto totale di cellule K-562. Le proteine, dopo l'eluizione dalla resina GST-RPS19 e dal controllo negativo GST, sono state separate mediante SDS/PAGE e analizzate mediante spettrometria di massa (µLC-MS/MS). Un'aliquota dell'eluato è stata analizzata mediante western blot utilizzando un anticorpo anti-PIM-1 per confermare l'esito positivo del pulldown.
Lo stesso esperimento, svolto in presenza di inibitori delle RNasi e seguito dall'estrazione dell'RNA totale, è stato utilizzato per identificare gli mRNA mediante un'analisi con microarray.
L'analisi spettrometrica è stata svolta nel laboratorio della Prof.ssa Margherita Ruoppolo (Dipartimento di Biochimica e Biotecnologie Mediche, Università "Federico II", Napoli). In questo modo sono stati identificati 159 nuovi interattori di RPS19, che sono stati classificati in base alle categorie di Gene Ontology: funzione, localizzazione subcellulare, processi cellulari in cui la proteina è coinvolta.
L'analisi mediante microarray, di cui siamo in attesa dei risultati, è stata invece svolta nel laboratorio del Prof. Stefano Gustincich (International School for Advanced Studies I.S.A.S.-S.I.S.S.A., Trieste).

Collaborazioni

Il nostro lavoro č svolto in collaborazione con diversi gruppi di ricerca:

Ringraziamenti

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